domenica 30 settembre 2012

Il castello di Monteserico

di Sonia Gammone

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2012, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Basilicata ha curato la realizzazione della cerimonia di riapertura dopo un lungo restauro del Castello di Monteserico edificato nel XI secolo in una posizione strategica, al confine tra i territori bizantini della media e bassa valle del Bradano (Montepeloso, Matera e Montescaglioso) e quelli, prima longobardi e poi normanni, del nord-est della Basilicata. Di epoca federiciana il castello sorge a pochi chilometri dal comune di Genzano di Lucania ed offre al visitatore un meraviglioso esempio di fortificazione di quegli anni dalla sua posizione si gode di uno splendido paesaggio che si perde lungo le pianure. Di dimensioni contenute esso tuttavia conserva quasi inalterate la forma e le strutture, ed ora dopo il paziente restauro si offre allo spettatore come punto di riferimento visibile dai comuni circostanti. Nelle intenzioni del comune esso apre le sue porta anche come contenitore di rappresentanza per le molte eccellenze enogastronomiche della zona, rappresentando così un diverso modo di fruizione del bene culturale più attento alle esigenze e ai gusti del vasto pubblico appassionale di enogastronomia. La cosa forse più significativa di questo impegno della nuova valorizzazione e fruizione è senza dubbio la possibilità di restituire a un territorio un importante documento del passato restituito all’antico splendore.

sabato 29 settembre 2012

Il Bailo a Costantinopoli

di Sonia Gammone

Ieri, 28 settembre, presso l’Archivio di Stato di Venezia è stata inaugurata la mostra documentaria Venezia a Costantinopoli. Le carte dell’archivio del Bailo con la presentazione dell’inventario dell’archivio del Bailo a Costantinopoli. Alla presenza dell’ambasciatore italiano in Turchia Giampaolo Scarante, è stato appunto presentato l'inventario dell’archivio che, nell’arco di tre secoli, venne prodotto dagli ambasciatori veneziani, chiamati baili, incaricati di rappresentare la Serenissima nella sede di Costantinopoli. In esposizione documenti che illustrano in maniera esemplificativa alcuni degli innumerevoli aspetti dell’attività diplomatica del Bailo, in quanto ambasciatore della Serenissima. Si va dagli aspetti politici a quelli più prettamente istituzionali per arrivare a quelli riguardanti i rapporti economico-sociale che per secoli sono intercorsi tra i due paese. Le carte che oggi costituiscono l’archivio del Bailo, si compongono di quasi 400 buste contenenti tutta la documentazione dei rapporti e dopo varie vicissitudini e passaggi di mano legati alle varie epoche storiche sono finiti nell’Archivio di Stato di Venezia che le custodisce dal 1868 e che oggi grazie a questa mostra e all’inventario creato e presto pubblicato anche on line nei sito dell’Archivio, ci offre un importante momento di approfondimento circa i rapporti intrattenuti per secoli dalla florida Repubblica di Venezia e il vicino Oriente. il lavoro di ordinamento di queste carte, durato trent’anni, e curato da Giustiniana Migliardi Colasanti, ci offfre così una bella opportunità di conoscere un passato illustre di un rapporto non sempre facile tra Oriente e Occidente.

venerdì 28 settembre 2012

Il castello di Viggianello

di Francesco Mastrorizzi

«Viggianello ha un Castello di mille e mille anni, grigio di tempesta e di mistero, arroccato sulla cima di un colle roccioso. Esso sovrasta e domina l'antico borgo medioevale e quel mucchio di case nerastre, dai tetti rossicci, aggrappate e addossate le une alle altre.» Così scriveva Francesco Santoro nel 1925, per descrivere l’antico maniero che dominava il paese di Viggianello. Quel castello è ancora lì a troneggiare sul groviglio di case, vicoli stretti e scalinate lastricate in pietra ai suoi piedi e a vigilare sulla sottostante Valle del Mercure, circondato da un maestoso scenario di monti.
Il primo insediamento nel luogo dove sorge il castello risale al periodo dei Romani, che al tempo della II guerra punica (III sec. a.C.) vi costruirono una fortificazione, Castrum Byanelli, a controllo della valle e della via Popilia, strada che congiungeva Capua a Rhegium. Ai Romani subentrarono i Longobardi e poi i Bizantini, che trasformarono il castrum in kastrion, inglobante entro solide mura il borgo agricolo che si era andato sviluppando. La presenza bizantina è attestata anche da numerose laure eremitiche, abitate dai monaci basiliani, e da numerosi ruderi di antiche chiese e conventi.
Con i Normanni cominciò a consolidarsi l'insediamento sulla collina di Viggianello, grazie alla creazione della roccaforte con torre a base quadrata (tipica dell'architettura normanna) e della chiesa del castello dedicata a San Nicola (di cui restano oggi solo pochi ruderi). Gli Svevi ampliarono la struttura, che assunse le sembianze dei tipici manieri federiciani. Nel XVI secolo i Sanseverino, principi di Bisignano, feudatari dalla fine del ‘400, trasformarono la fortezza in palazzo, usandolo come residenza estiva e di caccia.
Attualmente, dopo essere stato restaurato con cura, il castello viene utilizzato come struttura ricettiva e congressuale, conservando intatto il suo fascino antico. Infatti nel maniero si respira un’atmosfera che proviene direttamente dai secoli di storia che si porta alle spalle, dal suo passato a volte misterioso, di cui ci parlano l'antico pozzo scavato nella roccia, il ricordo del passaggio segreto che attraverso le viscere del paese permetteva ai castellani di mettersi in salvo in caso di bisogno, il camino in pietra, immenso e severo, scolpito da anonimi artisti locali, le antiche pergamene, i volumi della biblioteca che datano dal tardo Cinquecento.
Una vecchia leggenda viggianellese, riportata dal Santoro, racconta che «nella cantina del Castello dei principi di Bisignano, una serpe verde, sempre la stessa, viva e covi certe sue uova divenute di pietra. La serpe non può morire: le uova non possono schiudersi alla nascita dei serpentelli. È questa la figurazione più ardua e inconsapevole del destino di Viggianello: paesello di secoli, fermo nelle sue tradizioni e nel suo patriarcalismo, che non muore alla luce, e non può o non sa nascere al progresso.» Forse sono proprio questi i motivi per i quali, oggi, i giovani lasciano il paese, per cercare altrove il progresso, ma conservando nel loro cuore il retaggio delle tradizioni di quei secoli di storia, di cui il castello è il simbolo.

giovedì 27 settembre 2012

Pedro Cano. Mediterranea

Comunicato stampa

Un viaggio attraverso nove città raccontato da 54 opere in esposizione. E’ la mostra Mediterranea. Pedro Cano - 33mila visitatori nei due mesi di permanenza a Cartagena (Murcia, Spagna) - ospitata ai Mercati di Traiano dal 28 settembre 2012 al 13 gennaio 2013, promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali, con l’organizzazione e i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, un percorso della memoria in cui Pedro Cano rappresenta tutti i colori, la storia e i segreti di un Mediterraneo, sipario invisibile del suo viaggio dell’anima.
Una mostra affiancata da un percorso di attività, condotte in sette giornate dallo stesso artista, iniziando dal 29 e 30 settembre, Giornate Europee del Patrimonio. In questi sette appuntamenti Pedro Cano accompagnerà i visitatori in percorsi guidati, mostrerà ai bambini l’arte del colore e della forma. Tutto per rendere ancora più coinvolgente la fruizione del percorso espositivo.
Cosa racconta Mediterranea. Pedro Cano? Tre isole – Maiorca, Patmos, Sicilia – e sei città – Alessandria, Cartagena, Istanbul, Napoli, Spalato, Venezia – per un viaggio individuale dell’artista alla ricerca della propria storia in un gioco di affetti e ricordi selezionati.
Ed ecco i vecchi alfabeti di Alessandria, i ritratti di Alessandro Magno ripresi da marmi e antiche monete, mappe del porto quando la città aveva ancora la parvenza di sosta per carovane. A Cartagena l’attenzione di Pedro Cano è dedicata al sale, legato per secoli a questa città, in quanto si dice che sia stato uno dei tesori che volevano conquistare i romani quando arrivarono in questo luogo: tonni e polipi che si asciugano al vento convivono con memorie di esili anfore. Istanbul vuol dire Santa Sofia, gran tempio del cristianesimo eretta per volere di Giustiniano, l’opera più importante che conserva oggi questa città, incontro dell’architettura cristiana e islamica. L’attenzione dell’artista non si è concentrata sul caleidoscopio di mercati spezie e tappeti che si mescolano con argento e sete colorate, ma su questo spazio millenario prototipo di tutta l’architettura religiosa del mondo islamico. Le grate di un chiostro della certosa di Valldemossa – tra le colline circondata da orti - unica rappresentazione di Maiorca, ci rimandano il frangere delle onde anche se da lì non si vede il mare. Una rappresentazione che ricorda una Maiorca fatta non solo di marinai ma anche di un’agricoltura fonte di alimentazione, perno principale di questo giardino interno. Napoli capitale del Regno delle Due Sicilie. Napoli con il sole che invade alcune case e ne dimentica altre. Ma è la Smorfia – con le novantuno raffigurazioni numeriche - la sua vera faccia e Pedro Cano rappresenta con altrettante immagini questa specie di enciclopedia naturale della città, aprendoci la porta di un mondo di tradizioni fantastiche. L’isola greca di Patmos viene descritta da ghirlande, ispirandosi alla tradizione che il primo giorno di maggio fa raccogliere nei campi rami di ulivo, grano, uva, rose, limoni, lavanda per decorare con queste composizioni le porte delle case, una sorta di buon augurio dalla spiritualità antica per gli abitanti dell’isola che celebrano i doni che la terra offre in quel periodo. Le memorie greche della Sicilia sono raccontate dal confronto con la scultura: la Venere di Siracusa e il calore della pelle rappresentato dalla pietra e la carnalità del suo gesto, il Satiro Danzante – ritrovato dopo secoli nei fondali marini di Mazara del Vallo – col corpo che pare spiccare un salto nell’aria, il Giovane di Mozia conservato in un museo circondato da alberi di pino, che incanta per la modernità dell’enorme pezzo di marmo bianco che lascia intravedere il corpo di un uomo. Spalato, prima dimora e mausoleo dell’Imperatore Diocleziano, poi rifugio, infine città che oggi ospita quasi tremila persone. Ed ecco immagini di labirinti di case e palazzi, un luogo che non ha spazi esterni o interni ma racchiude entrambe le opzioni, le raffigurazioni delle quattro porte, ognuna con il nome di un metallo, che conducono sempre nella città-palazzo o palazzo-città. Impossibile – dice Pedro Cano – dipingere Venezia dopo Turner. Bisognava individuare uno spunto molto veneziano ma non banale. E lo ha trovato nei colori malinconici della laguna e delle sue paline, i pali che spuntano dall’acqua, a volte attracco per le gondole ma spesso solitari, come “vecchi specchi imprigionati negli oscuri palazzi dei canali che, non sono più guardati da nessuno e hanno dimenticato di riflettere le immagini”.
Nove luoghi della memoria, nove rielaborazioni profonde e affascinanti del vagare di un artista, Pedro Cano, che diventano, da appunti di viaggio, testimonianze di civiltà, di antichità ma anche di futuro. Un Mediterraneo che trova nelle radici della propria storia anche quella dell’artista e del suo eterno vagabondare.

Pedro Cano nasce nell'agosto del 1944 a Blanca (Spagna). Studia all'Accademia San Fernando di Madrid poi, nel 1969, si trasferisce a Roma all'Accademia di Belle Arti, dopo aver vinto il Prix de Rome all’Accademia di Spagna. Da qui comincia la sua carriera che lo vedrà esporre in alcune tra le più grandi città del mondo, da Madrid a Beirut, a Lisbona, Amsterdam, Parigi, New York, Toronto, Bogotà, Salisburgo I suoi lavori recenti sono un ciclo di grandi carte sui muri di Roma, 55 acquerelli sulle 55 città invisibili di Calvino Del 2008 è la serie "Identità in transito" alle Terme di Diocleziano a Roma e poi a Firenze a Palazzo Vecchio. Dall’11 novembre 2010 è stata istituita a Blanca la Fondazione Pedro Cano.

Titolo mostra: Pedro Cano. Mediterranea
Sede: Mercati di Traiano, Roma
Periodo: 28 settembre 2012 - 13 gennaio 2013
Orario: da martedì a domenica ore 9.00 - 19.00; chiuso lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso: biglietto unico integrato museo + mostra: intero € 11,00, ridotto: € 9,00
Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza): intero: € 10,00, ridotto: € 8,00
Gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente.
29 e 30 settembre 2012, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, ingresso € 1,50 
Sabato 6 ottobre 2012, per la "Notte dei Musei" il museo è aperto a ingresso gratuito dalle ore 20.00 alle 02.00 (ultimo ingresso alle ore 01.00)
Promossa da: Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali, Fondazione Pedro Cano
Organizzazione e servizi museali: Zètema Progetto Cultura

sabato 22 settembre 2012

Forenza Medievale. Dialogo sulla bellezza ritrovata

In occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio 2012”, a Forenza (Pz) domenica 30 settembre alle ore 18.30, la Chiesa di Santa Maria degli Armeni ospiterà il reading teatrale “Dialogo sulla bellezza ritrovata”, a cura di Annalisa Signore, basato sui testi dello storico dell’arte Ananda K. Coomaraswamy.
Un viaggio a ritroso nel tempo condurrà gli spettatori fino all’epoca a cui risale la struttura, importante tassello del complesso mosaico storico-artistico della Basilicata, consegnandole nuova attenzione e immagine. In uno speciale dialogo si tratterà dell’importanza che questo e altri luoghi di culto assumevano nella produzione artistica e culturale del Medioevo. Il pubblico che prenderà parte allo spettacolo potrà rivivere idealmente l’atmosfera che in passato ha impregnato l’edificio di culto, ormai ridotto a rudere, e comprendere l’intento e il ruolo dell’artista in quel dato periodo storico. Ananda K. Coomaraswamy, da un saggio del quale sono tratti i testi che verranno declamati, ha studiato i fondamenti della concezione dell’arte sia in Occidente (con particolare attenzione per il Medioevo) che in Oriente.
Le Giornate Europee del Patrimonio si celebrano come ogni anno in tutta Europa (per il 2012 sono coinvolti 49 Paesi) con l’obiettivo di avvicinare i cittadini alla ricchezza e alla diversità culturale dell’Europa, favorire una tolleranza che superi le frontiere nazionali, sensibilizzare il grande pubblico e il mondo politico alla necessità di proteggere il patrimonio storico artistico. In Italia sono promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e avranno luogo il 29 e il 30 settembre, con lo slogan: “L’Italia tesoro d’Europa”. Oltre 1450 saranno gli appuntamenti organizzati nei luoghi della cultura statali (musei, aree archeologiche, archivi e biblioteche), che per l’occasione apriranno gratuitamente al pubblico.

Titolo evento: Forenza Medievale. Dialogo sulla bellezza ritrovata
Sede: Chiesa di Santa Maria degli Armeni, Forenza (Pz)
Data: 30 settembre 2012, ore 18.30
A cura di: Annalisa Signore
Testi estratti dagli scritti dello storico dell’arte Ananda K. Coomaraswamy
Ingresso: libero

venerdì 21 settembre 2012

Dario Carmentano. Vox Populi

Comunicato stampa

Il Cecilia, Centro per la creatività di Tito spazio geneticamente strutturato per ospitare produzioni ed eventi di arte e cultura contemporanee nato dal progetto Visioni Urbane, inaugura la sua stagione espositiva con il progetto Vox Populi di Dario Carmentano. Saranno presentate cinque opere del formato di cm 150x150, riferite al Tricolore ed i cui titoli sono tratti dal testo dell’Inno Nazionale di Mameli. La mostra sarà introdotta dalla critica e storica dell'arte Fiorella Fiore.
L'artista materano, che da sempre lavora sui simboli, decontestualizzandoli, per darne una nuova e chiarificatrice chiave di lettura, dà la sua personale interpretazione di quelle che sono le icone dell'identità nazionale, il Tricolore e l'Inno di Mameli, oggetto tanto di devozione in isolate occasioni (soprattutto calcistiche) quanto più semplicemente di una banale indifferenza da parte del cittadino medio.
In questi aspetti di "quotidiana italianità" si può capire l'anima più profonda del Bel Paese; un'altra idea di Italia, che Carmentano, in Vox Populi, ci mostra attraverso uno sguardo ironico, amaro, mai scontato, che trasforma la nostra Bandiera in un cappio soffocante, con la stessa spietatezza con cui Luciano Fabro nel 1971 mise sotto sopra il nostro stivale in Italia d'oro. Nelle immagini dirette, nelle composizioni pulite, su uno sfondo bianco che non lascia spazio a fraintendimenti, ci sono tutte le contraddizioni della nostra cultura, c'è tutta la nostra storia, e chiunque può leggerne un capitolo diverso: da Piazza Fontana, a Stefano Cucchi, all'esodo di Ferragosto. Un invito ad una riflessione senza ipocrisie di cosa significa oggi, per un italiano, essere italiano.
Il progetto si completerà il 6 ottobre, in Occasione della Giornata del Contemporaneo promossa dall’Amaci, con un laboratorio dal titolo Vox Populi a cura dell’Associazione La Luna al Guinzaglio di Potenza in cui verranno coinvolti una ventina di partecipanti invitati a produrre delle armi fittizie con materiali di recupero di cancelleria e di arredo per uffici, quali righe, squadrette, CD, componenti di computer, sedie, ecc., con cui armarsi per costituire un esercito e combattere ma per non aver potere e che Dario Carmentano fotograferà in varie pose.
Durante la serata del 21 Settembre il Cecilia ospiterà anche l'artista francese Gilles Desplanques che dialogherà con Giuseppe Biscaglia del Festival Città 100 Scale su arte e società illustrando i propri lavori, e il secondo appuntamento dello spazio Tag con i lavori dei writers Marco Purè, Simone Ilovetu, Antonio Pronostico.
Tutte le iniziative sono presentate nell'ambito degli eventi di Materadio, la festa di Radio3, che per tre giorni (21, 22 e 23 settembre) animerà culturalmente i centri di Visioni Urbane della Basilicata in gemellaggio con alcune città Capitali Europee della Cultura.
Vox Populi e l'area Tag saranno visitabili fino al 21 ottobre tutti i sabati con orari 18.00-20.30, durante gli eventi del Cecilia o su appuntamento prenotandosi allo 0971 798342 o allo 389 8185034.

Titolo mostra: Dario Carmentano. Vox Populi
Sede: Cecilia - Centro per la Creatività, c/da Santa Venere, Tito (PZ)
Periodo: 21 settembre - 21 ottobre 2012
Inaugurazione: venerdì 21 settembre, ore 20.00
Presentazione di: Fiorella Fiore

giovedì 20 settembre 2012

Materadio 2012: Tito ospita Marsiglia

Comunicato stampa

Sarà Marsiglia, capitale europea delle cultura 2013, l'ospite d’eccezione del Cecilia di Tito venerdì 21 settembre nell'ambito di Materadio, la festa di Radio3 che quest'anno si estende a tutto il territorio lucano, in contemporanea in tutti i centri per la creatività nati dal programma Visioni Urbane, prima di trasferirsi definitivamente a Matera per i due giorni successivi. La scena artistica territoriale si confronterà, dunque, con quella francese per una lunga serata che vedrà alternarsi sulla scena diversi linguaggi, dall'arte al teatro per concludersi, nell'auditorium, con una lunga appendice musicale.
Il ricco programma prevede, a partire dalle ore 18, l'illustrazione del lavoro Pop up house di Gilles Desplanques, introdotto da Giuseppe Biscaglia, co-ideatore del Festival Città 100 Scale, con cui l’artista francese dialogherà intorno al suo universo artistico fatto di sculture, installazioni e interventi di arte pubblica. In serata, alcuni esponenti di spicco della scena musicale francese calcheranno il palco dell’auditorium. Si esibiranno nell’ordine il duo marsigliese Dupain, con la sua glocal music psichedelica, seguito dall’originale formula cantautorale di David Walters che esplorerà i territori del folk tra chitarre acustiche ed escursioni elettroniche; a chiudere la serata, i piani sequenza popolati da interruzioni narrative ed eruzioni ritmiche di Dj Oil.
Accanto agli artisti d’oltralpe, si esibiranno anche alcuni dei principali attori della scena culturale lucana. I
writers Marco Purè, Antonio Pronostico e Simone Ilovetu inaugureranno il secondo appuntamento dello spazio Tag con i loro lavori più recenti e una performance di disegno in tempo reale; lo spazio espositivo del Cecilia ospiterà inoltre l’anteprima della personale di Dario Carmentano Vox Populi, cinque fotografie di grandi dimensione in cui la bandiera tricolore italiana e l'inno di Mameli prendono nuove forme aderendo all'ironia della voce del popolo. La compagnia lucana Gommalacca Teatro proporrà una short version de Il gusto dell’intimità, una “commedia dal sentimento feroce” e, infine, le note di Brigante Sound feat. Manuel e Big Simon (Krikka Reggae) scalderanno il pubblico dell’auditorium in attesa della performance degli ospiti francesi.
Sottolineando l'opportunità che la candidatura di Matera a capitale europea della cultura 2019 rappresenta per l'intera Basilicata, il Cecilia diventa così incrocio di genti, di culture e di esperienze offrendo, grazie a Radio3 e alla collaborazione di Radio Grenouille, una giovane emittente marsigliese che seguirà la manifestazione, occasione di visibilità internazionale agli artisti locali. L'evento sarà trasmesso in diretta anche dalla web radio lucana Radioredazione, con interviste agli ospiti e interventi degli spettatori. L’ingresso è libero.
Maggiori informazioni sul sito www.matera-basilicata2012.it.

mercoledì 19 settembre 2012

Marco Raiola. Le notti bianche

Comunicato stampa

Dal 22 settembre al 2 ottobre si terrà una mostra personale del giovane artista salernitano Marco Raiola dal titolo Le notti bianche. La mostra, patrocinata dal Comune di Salerno e curata dalla dott.ssa Giovanna Bonasegale, ex direttrice del Museo di Arte Contemporanea MACRO di Roma, sarà ospitata nella sala dell'Archivio dell'Architettura Contemporanea, in via Porta Elina a Salerno.
«Nel ciclo Le notti bianche, Marco Raiola ha varcato diversi confini rispetto ai lavori precedenti e ci offre molti spunti di riflessione sulla continuità intellettuale del suo percorso.
Siamo di fronte a pannelli di plexiglas sui quali l’artista interviene direttamente con graffi, incisioni, abrasioni fino a definire delle immagini. Ancora corpi, nudi, volti, busti ma questa volta senza usare i media della pittura. La figura si forma attraverso l’intervento diretto sulla materia-supporto, un procedimento entropico che trasforma energia in altra energia. Anche qui non ci sono sfondi né ambientazioni, ma figure umane che si ergono da sole ed è come se nascessero da un nulla. Infatti l’immagine si manifesta quando il pannello viene poggiato sulla parete o comunque su una superficie piana. Affiora con luminescenze umbratili, guadagna una terza dimensione, come fosse una scultura. E in qualche modo lo è pure.
Marco ha lavorato “in via di levare e non di mettere” . Ha sottratto materia a materia, ha combinato lo spazio interno delle figure con quello esterno, conducendoci in un labirinto, in un intreccio inestricabile di forme il cui movimento asseconda il tempo dello sguardo, ma non ci consente di appropriarcene. Sono ombre, scaturite da lacerazioni, e sembrano soffermarsi quel tanto che basta per lasciarci intuire il significato del loro stesso essere o meglio del loro esserci. Corpi che compaiono per un insieme di istanti, il tempo di vedere i loro contorni avvilupparsi fin quasi alla deformazione, le loro espressioni mutarsi, la loro fisicità dissolversi. Eppure sono più che presenti, con una forza vibrante che si fonda proprio sul vuoto che le ha generate e verso il quale si muovono. Sono “i fantasmi seducenti”, ai quali si aggrappa anche la fantasia dell’uomo contemporaneo, che ripropongono il tema della solitudine e della permanenza. E’ vicinissimo il mondo di Dostoevskij, quelle notti bianche in cui il sognatore vaga fisicamente e con l’intelletto attraverso un sentiero di desolazione, di turbamenti, di perdita. Un panorama quasi spettrale, nel quale tuttavia – come nelle opere di Marco Raoiola – non si evoca il lutto, ma l’appartenenza della morte alla vita e viceversa. Una equazione, che – anche se gli dei ci hanno lasciato da un pezzo – ci restituisce in qualche modo l’aspirazione all’immortalità.
Ci girano intorno, questi corpi di Marco Raiola, tanto finti da essere più che veri, ci accompagnano a evocare le lacerazioni del nostro arco vitale o della sua durata. Non è duttile la materia di cui sono incarnati: il plexiglas è rigido, duro da stratificare, ma è trasparente e i segni gli rimangono impressi, come può accadere a un corpo vivo, giovane, sulla cui consistenza carnale rimangono incisi il trascorrere del tempo o le ferite dell’animo, ma il corpo mantiene intatto il desiderio della giovinezza. Ed è su questa percezione del desiderio e sul comparire dell’immagine all’interno di uno spazio vuoto, che si fonda la poetica di questo ciclo di opere: i corpi di Marco Raiola, modellati con sapienza, non sono che evanescenze, anzi un tentativo di evadere dalla necessitata fisicità umana. Sono attorcigliati nel loro stesso vuoto, l’unico elemento del quale sono composti, in una situazione per lo più di attesa e di costrizione, pronti ad andare via, a ritornare nel sogno.»
Tratto da L’evanescenza della materia (saggio di presentazione contenuto nel catalogo della mostra) di Giovanna Bonasegale

Titolo: Marco Raiola. Le notti bianche
A cura di: Giovanna Bonasegale
Sede: Archivio dell'Architettura Contemporanea, via Porta Elina, Salerno
Periodo: dal 22 settembre al 2 ottobre 2012
Vernissage: 22 settembre 2012, ore 20.00
Apertura al pubblico: tutti i giorni dalle 17.00 alle 22.00

martedì 18 settembre 2012

Salvatore Magazzini. Paesaggi

Comunicato stampa

S'intitola Paesaggi la mostra del noto maestro pistoiese Salvatore Magazzini, allestita presso una sede davvero prestigiosa come il Palazzo Medici Riccardi di Firenze e curata dal critico d'arte lucchese Marco Palamidessi. Patrocinata e promossa dalla Provincia di Firenze, la mostra ripercorrerà, attraverso una ventina di opere tutte appartenenti alla collezione privata dell'autore, la tematica paesaggistica già largamente apprezzata dal pubblico e dalla critica, proponendo visioni di marine toscane, di paesaggi del Mezzogiorno italiano e del Nord Africa, spingendosi fino a New York. Opere intense, cariche di luminosità e uniche per il modo in cui sintetizzano la realtà, cercando di raggiungere l'essenza dei luoghi senza privarli della loro figuratività.
Scrive nel catalogo Marco Palamidessi: “Se alla Bellezza si addice il silenzio, Salvatore Magazzini è l'artista di quel silenzio che, unito ad una temporanea solitudine, diviene necessaria condizione per quel fare filosofando che noi chiamiamo Pittura. Irrimediabilmente toscano, personalità che senza lasciarsi allettare da mode o distrazioni obbedisce unicamente al suo credo e alla sua ispirazione, Magazzini ha una mano fiera che sa di esserlo, forte della sua sapienza tecnica, apprezzabile nella raffinatezza dei dipinti e nella loro impostazione spaziale. Maestro del colore, i suoi gesti assecondano, dalla preparazione della tavolozza alla stesura delle tinte, la voglia di fare pittura, ovunque pervasa di palpitante emozione, nonchè la tensione al raggiungimento dell'essenza poetica dei luoghi del mondo, dei quali sa restituire intense visioni di bagliori e di ombre, di temperature cromatiche, di sospensioni fatte di tempo cristallizzato. Magazzini è pittore del tempo che si ferma a pensare se stesso: un tempo espanso, che si veste delle atmosfere, luminose e pulviscolari, del paesaggio; un tempo visibile, imbevuto di quella luce che trasfigura, ammantandole, le prodigiose cose del mondo. Una luce che raramente è di quella qualità che tutto rende solido e perfetto, che induce cioè ad attardarsi in particolareggiate descrizioni, ma che invece permette la modulazione e la moderazione di valori colorali ricchi di effetti e trasparenze, che tanto sanno stimolare le nostre sensibilità. Nelle sue opere s'impone un notevole carattere pittorico, dove l'aria, palpabile e diffusa, s'intride di un marcato senso di attesa; dove le pennellate sono un guizzo lirico che cela in sé un'impercettibile malinconia; dove tutto parla della sua anima vibrante, di quell'amore – raro come l'Amore – per la natura e la realtà delle cose create.”
All'inaugurazione, che si terrà sabato 20 ottobre alle ore 17, saranno presenti, oltre all'artista, a Marco Palamidessi e alle autorità fiorentine, Silvano Granchi, direttore di Legautonomie Toscana. Paesaggi sarà visitabile, al civico 1 di via Cavour, tutti i giorni, feriali e festivi, dalle 9 alle 18. Fino al 30 ottobre. Chiuso il mercoledì.

Titolo mostra: Salvatore Magazzini. Paesaggi
A cura di: Marco Palamidessi
Sede: Palazzo Medici Riccardi, Firenze
Periodo: dal 20 al 30 ottobre 2012
Inaugurazione: sabato 20 ottobre 2012, ore 17.00
Orari: tutti i giorni 9.00-18.00

lunedì 17 settembre 2012

Preziosità artistiche a San Martino d’Agri

di Francesco Mastrorizzi

Una manciata di abitazioni raccolte su un dosso alle pendici del Monte Raparo costituiscono il piccolo paese di San Martino d’Agri. Strette stradine, ripide scalinate, casette in pietra e palazzi nobiliari, arricchiti da loggette e portali decorati, danno forma al suo caratteristico centro storico. Le sue ridotte dimensioni non impediscono di rintracciare significative testimonianze artistiche, gran parte delle quali custodite nel convento di Sant’Antonio.
L’edificio fu fatto edificare nel 1512 dai cittadini di San Martino d’Agri, grazie alla concessione di papa Giulio II, per essere destinato ai Frati Minori Osservanti. Nei decenni successivi subì diversi crolli e riedificazioni, fino alla distruzione, quasi completa, del terremoto del 1572. In seguito a questo evento i cittadini lo ricostruirono nuovamente, sopra un’altura poco distante.
Nel corso dei secoli l’edificio ha subito varie modifiche strutturali, dovute ai disparati impieghi a cui è stato destinato: prima convento, poi abitazione, fino a sede municipale e scuola media. Il portico del piano terra consente l’accesso diretto alla chiesa e al primo piano tramite una scala coperta con volta rampante. La chiesa, adiacente al convento, è costituita da un’aula unica rettangolare e, nonostante la ristrutturazione del 1714, conserva tutte le caratteristiche della sua redazione seicentesca, con pareti scandite da nicchie e una ricca decorazione barocca a stucchi.
Il primo altare a destra ospita una grande pala con la Madonna del Rosario, dipinta nel XV secolo. Nel presbiterio sono collocati due dipinti raffiguranti la Madonna col Bambino, entrambi della prima metà del XVII secolo, attribuiti ad allievi dello Stabile. Presenti, inoltre, un pregevole coro ligneo e un pulpito, intagliati nel 1727 da Nicolò La Sala.
Anche gli altari a sinistra presentano dipinti e sculture sei-settecenteschi. Un Crocifisso ligneo seicentesco, opera del Pietrafesa, si trova sul secondo altare. Presente anche un polittico del 1538 composto da nove pannelli, su cui sono dipinti la Risurrezione, una Madonna in trono con tre puttini musicanti e santi dell’iconografia francescana. Le tavole erano state utilizzate nel 1714 per la controsoffittatura e per salvarli si è dovuto intervenire con una difficile opera di restauro, in modo da rimediare ai danni causati dalle infiltrazioni di acqua piovana.
Il chiostro del convento è ornato da un ciclo di affreschi realizzati, su commissione di Padre Antonio da Brienza e Padre Bernardino da San Martino d’Agri, da Pietro di Giampietro da Brienza. Il ciclo è firmato e datato 1743, ma i lavori furono completati nel ‘44, come testimonia un’iscrizione sulla parete della scalinata. Sono raffigurate scene della Vita di Cristo, di San Francesco, di Sant’Antonio, di Santa Chiara e altri santi. Nelle volte e sulle pareti troviamo ovali e medaglioni di santi, beati e Padri provinciali dell’Ordine Francescano. La volta a botte è interamente decorata a tinte vivaci da ghirlande di fiori, frutta, foglie e volute.

venerdì 14 settembre 2012

I libri della Biblioteca di Monaldo

di Andrea Carnevali

Con gli studi sepolti, / I vetusti divini, a cui natura / Parlò senza svelarsi, onde i riposi / Magnanimi allegràr d'Atene e Roma” (G. Leopardi, Ad Angelo Mai, quand' ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica, 1820). Con queste parole Giacomo Leopardi parla, attraverso la fantasia ed i simboli, della natura non ancora vanificata dall’arida logica della ragione e dalla scoperta del verso.
Nella ricca biblioteca di Monaldo il poeta aveva trascorso sette anni di studio matto e disperatissimo che lo portò alla deformità fisica. La biblioteca, composta di ventimila volumi ancora oggi consultati (richiedendo l’autorizzazione agli eredi del poeta), è diventato uno spazio aperto al pubblico per lo studio e la ricerca duecento anni fa. La città di Recanati ha deciso di ricordare l’evento con una mostra dal titolo Giacomo dei libri - La Biblioteca Leopardi come spazio delle idee, a cura di Fabiana Cacciapuoti, che si è aperta il 29 giugno scorso a Palazzo Leopardi.
L’esposizione sviluppa il tema della nascita di una biblioteca aristocratica d’inizio Ottocento, conservata integralmente, in cui il giovane poeta, Giacomo Leopardi, aveva studiato. Il padre del poeta, conte Monaldo, attraverso numerosi acquisti avvenuti in mercatini ed in seguito alla Rivoluzione Francese, che aveva svalutato il valore di alcuni testi essendo d’impostazione aristocratica, aveva creato una “libreria” con l‘intento però di perseguire un ideale etico che intravedeva nel sapere e nella cultura. Tra gli scaffali si trovano grammatiche, dizionari, enciclopedie, storie orazioni, glosse, materiale, in lingua greca, latina, ebraico. Oltre ciò materiali sacri e profani e testi custoditi dal padre, Gonfalone della città, affinché non fossero letti da Giacomo. Monaldo era il custode del palazzo e della cultura libraria che conserva in quattro grandi stanze in cui gli scaffali arrivano fino al soffitto. La presenza di tanti testi garantiva ai suoi figli una certa qualità culturale nello studio. I diversi generi letterari presenti nella biblioteca vanno dalla religione alla retorica, dalla grammatica ai classici e alle scienze. La collezione dei testi antichi e moderni era conservata perfettamente nel suo scrittorio, accanto ad un teschio (che fungeva da memento mori). Monaldo era un uomo eclettico e un poligrafo in grado di affrontare argomenti di diversa natura, senza però dimostrare una vera passione per l’uno o l’altro tema. Fa pensare, dopo la visita della mostra, che la passione per la ricerca si fosse affievolita per la scarsa abilità nello studio. L’acquisto di un numero elevato di testi aveva placato l’ansia di affermazione culturale che sembrava molto distante da raggiungere. Tutto ciò è illustrato, grazie alla mostra, che rimette a fuco un tratto della personalità che rimase all’ombra dell’opera del figlio.
La prima sezione della mostra di Recanati presenta il momento iniziale della biblioteca e alcuni oggetti di famiglia che ne accompagnarono l’allestimento. Tra l’altro, in questa sezione sono illustrati gli elementi architettonici che hanno permesso la realizzazione della libreria. Di grande interesse sono il regolamento per il prestito e la conservazione dei testi. Nel percorso di visita, inoltre, sono illustrati anche gli scambi con diversi librai e stampatori, fino a Antonio Fortunato Stella, l’editore di Giacomo Leopardi, che pubblicherà nel 1827 la Crestomazia italiana, un’antologia della prosa; il medesimo editore stampa le Operette morali. Purtroppo la collaborazione con Stella si concluderà con l’uscita dell’opera nel 1828. Molto significativa è questa parte della mostra, in cui si riesce a cogliere le scelte letterarie antologiche e poetiche fatte per la realizzazione di Crestomanzia italiana, dove sono individuati testi di poesia e di prosa della letteratura italiana dal ‘300 al ‘700. Attraverso questo primo itinerario espositivo è possibile scoprire il ruolo di Giacomo, di Francesco e di Paolina come catalogatori che assunsero il compito di effettivi bibliotecari nella schedatura e nell’inventario dei testi. Nelle altre cinque stanze sono affrontati gli argomenti: il rapporto padre e figlio, studi erudizione e filologia, componenti poetici, scritti di filosofia e di scienza, quali le dissertazioni filosofiche, il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, la Storia dell’astronomia, per poi verificare come il poeta si muove, per dare voce ai dialoghi, dai grandi autori del XVIII-XIX secolo, di cui è testimonianza lo Zibaldone, che sarà forse chiuso nel 1832 a Firenze.
Il percorso è, inoltre, arricchito da alcune postazioni multimediali tematiche: una è dedicata all’Encyclopedie Méthodique di Diderot e D’Alembert, sfogliabile “virtualmente” con il movimento del corpo del visitatore; due video-istallazioni sono dedicate a La nouvelle Héloise di J.J. Rousseau e a Corinne ou l'Italie di M.me de Stäel, opere particolarmente care a Giacomo Leopardi. L’ultima postazione indaga, attraverso contenuti audio e video, il metodo che presiede alla scrittura dello Zibaldone. L’evento si concluderà il 31 dicembre 2013 (info www.giacomoleopardi.it).

giovedì 13 settembre 2012

L'ignoto che appare. Torino, presenze 1964-1990

Comunicato stampa

Verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, Torino – città profonda, città geometrica – ha cominciato ad accogliere intorno a sé un nutrito gruppo di artisti, che dopo pochi anni, nel vasto concerto internazionale, si sono affermati tra i più significativi e importanti del secondo dopoguerra. Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Mario Merz, Aldo Mondino, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Salvo, Gilberto Zorio, sono i famosi protagonisti di un nuovo linguaggio – delimitabile intorno alle fortunate definizioni di arte povera e arte concettuale – che annullando o trasformando radicalmente ogni residuo pittorico, ha saputo inventare inedite e visionarie forme.
La mostra L'ignoto che appare. Torino, presenze, 1967-1990 testimonia come – attraverso un'alchimia profondamente paradossale – nella città italiana più geometrica, razionale e pitagorica, molti studi ed alcune gallerie hanno visto nascere e svilupparsi un felice turbine d'invenzioni: l'apparire di nuovi materiali, spesso viventi, organici, che mutano e si trasformano: il seme, il vegetale, il minerale, la terra, la polvere, il sale, il fuoco, l'acqua, il legno, la parola, il ghiaccio; l'apparire di forme e segni e gesti, insieme avveniristici e arcaici, primitivi e fascinosamente attuali. "L'insurrezione del valore magico e meravigliante degli elementi naturali" (Celant), in un ininterrotto fluire di metamorfosi e mutazioni – in uno spazio urbano, Torino, ben noto per la sua elegante razionalità – nell'esperienza di un'organicità che diviene immobile plastica (Gilardi), e una plasticità che si trasforma in decostruzione e meditazione (Anselmo, Merz, Zorio), in specchio (Pistoletto), in "opera pensata" (Calzolari, Fabro, Paolini), o in parola cromatica e ambigua (Boetti, Salvo). Oltre il desiderio di qualsiasi volontà rappresentativa, una nuova arte nel vivere direttamente il mistero delle cose, dove il massimo peso diviene leggerezza, e la levità si può condensare in ferro, in pietra, in legno, in piombo; dove tutto il fascino della creazione viene ripreso, smontato e rielaborato, nel turbine di un immobile divenire: le forme araldiche di un ignoto che appare: segno e visione, immagine e simbolo.
In occasione della mostra, in cui saranno esposte circa 35 opere, verrà realizzato un catalogo a colori.

Titolo mostra: L'ignoto che appare. Torino, presenze 1964-1990
Sede: Galleria Repetto, via G. Amendola, 21/23, Acqui Terme (AL)
Periodo: 22 settembre-30 novembre 2012
Artisti in mostra: Anselmo, Boetti, Calzolari, Fabro, Gilardi, Merz, Mondino, Penone, Paolini,
Prini, Pistoletto, Salvo, Zorio
Orari: martedì-sabato 9.30-12.30 e 15.30-19.30

mercoledì 12 settembre 2012

Maxim Kantor. Vulcano

Comunicato stampa

Dal 26 ottobre 2012 la Fondazione Stelline di Milano, in collaborazione con il Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, presenta per la prima volta in Italia in maniera completa ed esaustiva l’opera di Maxim Kantor, pittore e scrittore di origine russa.
Il cuore dell’esposizione, a cura di Alexandr Borovsky e Cristina Barbano, è il portfolio Vulcanus. Atlas realizzato nel 2010, a cui fanno da cornice un nucleo di dipinti degli ultimi anni e alcuni esempi rappresentavi dell’intera attività pittorica di Kantor (1980-2012). Una piccola sezione sarà dedicata alla sua attività di scrittore.
L’opera di Maxim Kantor è conosciuta in Italia, dove l’artista ha esposto in tre precedenti occasioni. Nel 1988 presso Studio Marconi Milano, all’interno della mostra collettiva “Artisti Sovietici Contemporanei”; nel 1997 alla XLVII Biennale di Venezia, con la mostra “Criminal Chronicle”, a cui fu completamente dedicato il Padiglione Russo e nel 2005 alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia.
Tuttavia le numerose mostre tenute dall’artista a partire dalla fine degli anni Ottanta in diverse città in Europa e negli Stati Uniti, oltre a quelle italiane appena citate, sono sempre state dedicate a un particolare periodo del suo lavoro o ad una singola serie grafica.
Questa mostra, che occuperà entrambe le Gallery della Fondazione Stelline, si differenzia invece dalle precedenti in quanto accosta al portfolio Vulcanus, realizzato nel 2010, un nucleo di sedici dipinti, alcuni di grandi dimensioni, rappresentativi dell’intera attività pittorica di Kantor (1980-2012). Una piccola sezione sarà dedicata alla sua attività di scrittore.
La mostra, alla Fondazione Stelline dopo la tappa al Museo di Stato di San Pietroburgo, è accompagnata da un ricco catalogo (Palace Edition; pagg. 192; 30,5x30), con prefazione di Camillo Fornasieri, un saggio introduttivo di Erik Hobsbaum e testi dei curatori Alexandr Borovsky e Cristina Barbano, degli autori Vittorio Hosle, Ulrike Göschenen, Alexander Zinoviev e dell’artista. Le immagini a colori illustrano il nucleo principale della produzione pittorica di Kantor e le opere della serie Vulcanus.

Maxim Kantor (Mosca, 1957), pittore, incisore e scrittore russo, è il figlio dell’intellettuale e filosofo Karl Kantor, con il quale ha sempre avuto un profondo rapporto di vicinanza, di scambio, di confronto. Sue opere sono esposte al British Museum di Londra, allo Städel Museum di Francoforte, alla Galleria Tretjakov di Mosca, alla South Australia Gallery di Adelaide e in numerosi altri musei. Autore di cinque opere letterarie, alcune in corso di traduzione in italiano e inglese, di diverse pièce teatrali e di tre raccolte di saggi.
L’artista collabora costantemente con il giornale inglese online “Open Democracy”, col mensile parigino “Le Monde Diplomatique”, e con i giornali moscoviti “Novaya Gazeta”, “Rossiiskaja Gazeta” ed “Expert”. Kantor è membro del Senior Council del St. Antony College, del Wolfson College, del Pembroke College dell’Università di Oxford. Vive tra l’Île de Ré (Francia), Oxford, Berlino e Mosca.
Maxim Kantor ha presentato la serie Vulcanus. Atlas lo scorso anno a Berlino alla Galerie Nierendorf; recentemente al Musée du Montparnasse di Parigi (6 aprile - 6 maggio 2012), all’Ashmolean Museum of Art and Archaeology di Oxford (in occasione della Conferenza Internazionale sul tema “Come rispondere alla crisi globale” da lui promossa con il sostegno della Cattedra di Politica Mondiale dell’Università di Oxford, 12-13 maggio 2012), e al Museo di Stato di San Pietroburgo (20 giugno - 23 luglio 2012).

Titolo mostra: Maxim Kantor. Vulcano
A cura di: Alexandr Borovsky e Cristina Barbano
Sede: Fondazione Stelline, Corso Magenta 61, Milano
Periodo: 26 ottobre 2012 - 6 gennaio 2013
Inaugurazione: giovedì 25 ottobre 2012, ore 18.30
Orario: da martedì a domenica: 10-20; lunedì chiuso
Aperture straordinarie: 1 novembre; 7 e 8 dicembre 2012
Biglietteria: Euro 6,00 intero. Euro 4,50 Ridotto, Euro 3 scuole

martedì 11 settembre 2012

Vito Matera. Le trasparenze del gioco

Comunicato stampa

Aderendo all’ottava edizione della “Giornata del Contemporaneo”, promossa da AMACI - Associazione Musei d’Arte contemporanea italiani e PARC - Direzione qualità e tutela dell’architettura e del paesaggio, la Galleria Spaziosei di Monopoli promuove dal 06 al 31 ottobre 2012 la mostra personale del maestro Vito Matera dal titolo: Le trasparenze del gioco.
Vito Matera è nato a Gravina in Puglia nell’agosto del 1944. Un’infanzia in bottega, col padre orafo e musicista; studi classici e laurea in Filosofia, con una tesi in Estetica sui problemi dello spazio pittorico. La sua vicenda artistica parte da un mondo classico con il ciclo delle Deliadi, in cui già prende le distanze dalla diffusa immagine di un Sud dolente e piagnone per recuperare l’identità fantastica e culturale. Nel 1983, dopo un’esperienza che lo porta a esporre nei Balcani, aderisce al gruppo barese di “Fragile” con Angiuli, Dell’Aquila, Nigro e Riviello: nasce un dialogo virtuoso in cui si conferma la relazione programmatica con le matrici formali dell’immaginario mediterraneo e si consolida la sua affinità col mondo letterario. Dal 1988 inizia una collaborazione mensile con “La Gazzetta Del Mezzogiorno” e con riviste di letteratura militante come “In/Oltre”, “Fogli di periferia”, “Puglia Emigrazione”, “Tarsia”, “Il Rosone”. In questa atmosfera si consolida la sua affinità col mondo letterario che gli consente nel 1995 un’incursione nella scenografia per il “Premio Ugo Betti”. In un mondo prevalentemente orientato verso i poli dell’arte concettuale, urbanocentrica e tecnocratica, la sua ricerca prosegue in chiave antropologica stemperata da un linguaggio poetico e giocoso nei cicli: Bestiario minimo, Tabulae pictae, De arte venandi cum avibus, Giocare alla luna. Contemporaneamente alla sua attività pittorica, cresce l’interesse per la grafica, una passione che lo porta a realizzare edizioni d’arte, tra cui il già citato Bestiario minimo, edito da Adda.
La mostra, a cura di Mina Tarantino è presentata dal critico d’arte e giornalista Rai Raffaele Nigro, che di lui scrive: «L’immaginario poetico di Vito Matera fa i conti con le esperienze culturali e le figurazioni fantasiose del barocco meridionale di cifra colta. C’è in Matera il bisogno di costruire per sintesi successive un figurativo simbologico che racconti la sua provenienza etnica, la sua formazione intellettuale, oltre che le avventure quotidiane del conscio e dell’inconscio. Matera ha bisogno di proiettare le creature e le architetture naturali del paesaggio e gli oggetti della nostra contemporaneità in un tempo remoto, indecifrabile, un’età metastorica, una non-età, fino a creare ambienti e situazioni metafisici. Tuttavia questa di Matera non mi sembra una pittura di citazioni, soprattutto perché la seconda componente è il colore, un pastellato che sa di scrostature, di tempere e calce, il bucciato rurale dell’imbiancatura povera, succo di erbe e cromatura da affresco tombale protoitalico. La roccia, a chi la guarda con occhi assonnati o controluce o in certi affioramenti dall’erba rada, assume spesso forme di animali di uomo di manufatto. Tutto il paesaggio collivo talora sa trasformarsi in oniriche e suggestive figurazioni, in forme fantastiche. L’allontanamento dai simboli ha prodotto un’ovvia consistenza della materia. Toccali se vuoi, questi quadri, hai una sensazione di bucciato rustico, sono muri di calce e gesso, i muri bianchi dei paesi di tufo».

Titolo mostra: Vito Matera. Le trasparenze del gioco
Sede: Galleria Spaziosei, Via S. Anna, 6 - Monopoli (BA)
Periodo: dal 6 al 31 ottobre 2012
Catalogo: in galleria, testo a cura di raffaele nigro
Orario galleria: da martedì a sabato, ore 17.30 - 20.30
Patrocini: Regione Puglia, Provincia di Bari, Città di Monopoli

lunedì 10 settembre 2012

Il Borgo in una Stanza

Ripartono le iniziative di “In Arte Exhibit”, il progetto espositivo ideato dalla rivista specialistica a diffusione nazionale In Arte Multiversi. Per congedare la stagione estiva, venerdì 14 settembre, a partire dalle ore 16.30, la sede della redazione, sita nel centro storico di Potenza in Largo Pisacane, ospiterà l’happening culturale “Il Borgo in una Stanza”.
Un evento all’insegna dell’arte e della convivialità, che trasformerà in una terrazza immaginaria lo spazio prescelto, le cui pareti costituiranno affacci ideali su di un caratteristico borgo lucano. Lungo la sala saranno infatti esposte opere selezionate eseguite in occasione della prima edizione del concorso di pittura estemporanea “Cromie in loco”, svoltosi nello scorso mese di giugno nel Comune di Moliterno.
Gli “avventori” potranno usufruire di tavolini predisposti appositamente per l’occasione e, gustando biscotti e the freddo, volgere il proprio sguardo alle tele raffiguranti vedute di un luogo tra i più suggestivi della Val d’Agri, concepite e vissute attraverso l’interpretazione personale che i vari artisti hanno voluto restituire al posto che li ha accolti.
L’intento di questa iniziativa è quello di favorire l’incontro tra artisti di diversa provenienza e pubblico locale, auspicando un processo di sensibilizzazione biunivoco rispetto al territorio regionale e con il richiamo ad un piacevole modus vivendi: “l’ora del the”. Musica minimal e ambient allieteranno l’appuntamento d’arte pomeridiano. L’ingresso per tutti sarà gratuito.

Titolo: Il Borgo in una Stanza
Sede: Redazione “In Arte Multiversi”, Largo Carlo Pisacane 15, Potenza
Data: venerdì 14 settembre 2012, ore 16.30
Genere: evento, happening culturale
Ingresso: libero